I SEGNI DEL FANTASTICO

 

Il fantastico lega come un filo rosso la vita e le opere di Mario Scarpati. La sua fantasia sembra non conoscere limiti. Sostiene di essere morto il 23 gennaio 1939 e di essere nato nel Seicento, secolo del barocco, dagli spettacolari effetti scenografici di estrema acutezza realistica e sensoriale. I primi ricordi dell'artista napoletano sono gli aerei “liberatori” che durante la seconda guerra mondiale bombardavano la sua città, e la pioggia di cenere dell’ultima eruzione del Vesuvio. Ha sempre amato la solitudine, il buio e il silenzio, per immergersi nel primitivo e catturarne i simboli. Suoi maestri sono i grandi del passato: il suo segno rivive la grande tradizione, evidente fin dalle prime marine, incise nel 1958.

Con realismo brutale ed espressionismo fantastico di derivazione breugheliana rappresenta i diseredati del suo quartiere.

Ritenuto tra i più raffinati e interessanti incisori italiani contemporanei (Antonio Del Guercio), già nel ’72 vince la medaglia d’oro alla III Biennale Internazionale della Grafica di Firenze con una METAMORFOSI, perché come Kafka ritiene alcuni uomini insetti.

“Straordinaria è la sua generosa, sofferta partecipazione alle sorti delle genti”(Giorgio Trentin, '76). Fantastici i disegni anatomici e gli studi embrionali dal dinamismo leonardesco delle complesse strutture geometriche della PITTURA MURALE EROTICA POMPEIANA.

Sergio Miniussi nel 1980 intuì:“Visioni e sogni, incubi ad occhi aperti sono narrati come una cronaca giudiziaria. Sdegno, ironia, carica eversiva e surreale, tengono benissimo il loro primo piano, inclinato verso i consanguinei Goya e Grosz”.

I CAVALIERI SCORTESI, paperi trionfanti sopra un universo in rovina sono pugni nello stomaco per chi chiede fiori e marine. Quando l’Accademia di belle Arti di Lipsia lo invita per una mostra, fra l’’82 e l’83 li traspone in quarantacinque puntesecche, definite di “estrema coerenza” da Grigore Arbore, in occasione della personale all’istituto italiano di cultura di Bucarest nel 1983. Nel ‘98 le donerà al museo nazionale della stampa di Città del Messico.

Estraneo al gusto maggioritario, coinvolge gli uomini che riescono ad avvertire l'urlo e il dissesto dovuto ai tragici pulcinella del potere.

“Attraverso chiaroscuri fantasmatici e figure “spaesanti”, l'artista napoletano è come se accettasse l’equazione platonica di segno grafico e morte” (Giacomo Marramao).

“Assume l’alto valore etico di denuncia, lo stimolo a un pensare e a un ascendere a chiara coscienza sulle cose e, nel mescolamento delle immagini, riesce a renderci, forse meglio di ogni pagina di scrittura letteraria, gli abissi che emergono intorno a noi e invita a meditare sul nostro attuale destino.” (Alfonso Maria Di Nola).

Il Comitato norvegese del Nobel per la pace dell' 87, in occasione della sua mostra all’Istituto Italiano di cultura di Oslo, gli esprime “ gratitudine per il modo in cui adopera i suoi enormi poteri artistici al servizio di questa importante causa”.

Questo è per trent'anni il suo messaggio anche agli allievi del liceo artistico.

Nel '94 si trasferisce con la moglie a Trieste, la città del vento. Trascrive l'invivibilità del mondo con centinaia di disegni. Chiama a raccolta i mostriciattoli di Bosch, gli scheletri e i diavoli di Durer, i cristi pustolosi di Grunevald, gli sconci borghesi di Grosz e persino il Minotauro di Picasso. BESTIARIO DI FINE MILLENNIO è un vortice di elmi chiodati, proiettili, falli, artigli, tibie, teschi. “Il suo repertorio, simile al deposito di un trovarobe, gli serve per mettere in scena le sue storie, gli consente di capovolgere la tragedia nel grottesco, la denuncia nello sberleffo. Allestito il suo teatro della violenza e dell’orrore, si esibisce, con la disinvoltura del grande virtuoso, sul filo dell’incredibile. Tuttavia le sue non sono menzogne. Ci fa comprendere più cose del mondo di quante ne sappiano insegnare gli arcigni custodi del vero” (Vitaliano Corbi).

LA BESTIA CONSUMISTICA ha una potenza straordinaria.

Pupazzi meccanici gravitano intorno al vizio della RITUALITA' ITALIANA. Nei corpi, dal caotico frantumarsi della forma, il segno fantastico diventa sussulto, fremito agonico.

“Le immagini, simili alle antiche apocalissi ebraico-cristiane e medievali, guidandoci al mito e al sogno, operano la catarsi della liberazione dal male. Scarpati s'identifica con l’angelo giustiziere. Grida al mondo, in uno slancio di religione civile, che la seduzione di satana non è finita” (Vittorio Lanternari, antropologo '97).

Minacciosi sono il nichilismo laico e la debolezza dei cristiani. L’Italia, un po’ provincia un po’ colonia americana, s’è desta al disfacimento. La speranza sta nella satira sferzante.

Realista intenso e visionario, stralunato e tormentato, ricerca un nuovo umanesimo, e lo impone con colori capricciosi e inquadrature scorciate.

Ha assicurato identità e integrità alla sua opera. La civiltà bimillenaria è in sfacelo. A rivelarsi essenziale è il corpo, soggetto alle follie della storia. L'artista ammonisce che l'agnello sarà mangiato. Il sonno della ragione genera mostri: fiere terribili, chimere, sirene ammaliatrici, malvagie arpie, dive. Nudi lascivi esplodono in una bellezza grandiosa, carnalmente prepotente.

Può dare l’impressione di un artista morboso, oscuro, ossessionato; invece ama la vita. Grida la sua profonda indignazione per il malcostume dilagante con maschere dal ghigno sgangherato in grottesche sceneggiate. Mercanti del futuro saranno i trafficanti d’armi e di droga. Ma l'artista è sempre alla ricerca di un mondo migliore.

Elsa Fonda